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martedì 5 febbraio 2013

Biagio delle Castellare

Attori che interpretano il Biagio delle "Castellare" e famiglia

Viene celebrato a carnevale ma il carnevale non c’entra. Per i tesini la rievocazione del processo al Biagio delle Castellare è una vera e propria questione d’onore, il lavaggio di un’onta che si perpetua da più di seicento anni, da quando cioè quell’impiastro di tiranno riuscì a sottrarsi in extremis alla giusta rabbia dei suoi sudditi. Ma andiamo con ordine.
Siamo alla metà del XIV secolo, 1356, per la precisione. Valsugana e Tesino sono tutte un pullulare di signori e signorotti agli ordini di Carlo IV di Lussemburgo. Senonché, quel “collezionista di castelli” di Francesco di Carrara, Signore di Padova, decide di occuparne quattro in Valsugana: Grigno, Ivano, Selva di Levico e Pergine. Ed è proprio nell’occupazione di questi manieri che si mette in evidenza il soldato di ventura Biagio, il cui valore e sprezzo del pericolo lo portano a meritarsi sul campo i galloni di Capitano ed una pressocché totale libertà d’azione.
Tuttavia, questo pover’uomo dimostra da subito di non essere all’altezza della promozione ricevuta. Ricevuto l’ordine di difendere il castello di Pergine dall’assalto di Siccone di Caldonazzo, alleato di Carlo IV, Biagio fa un salto in Tesino per rifornirsi di uomini, cavalli e viveri. Probabilmente fa un po’ troppo lo spaccone, perché i tesini mandano a "quel paese" lui e il castello di Pergine che, pertanto, cade in mani nemiche.
Tesini durante il processo a Pieve
Facile intuire quanto Biagio si leghi al dito quel gran rifiuto, che gli costa peraltro una nuova batosta: pure il castello di Selva è andato. Vabbé, restano ancora Castel Ivano e il fortilizio delle “Castellare” di Grigno.
Sulla lungimiranza di Francesco da Carrara si potrebbero buttar giù qualche decina di barzellette, considerato che, nonostante tutto, non solo non lo licenzia, ma ha il coraggio di nominare il capitano Biagio signore assoluto di Grigno e del Tesino.
Così, il primo atto ufficiale del tiranno è quello di sfogare la propria ira contro i paesi che a suo tempo gli negarono l’aiuto, Cinte, Pieve e Castello, messi a ferro e fuoco. Ma questo è solo l'inizio di una serie interminabile di angherie a cui le popolazioni del Tesino saranno costrette a sottostare.
Il Biagio “delle Castellare”, dal nome del castello di Grigno in cui egli ha deciso di stabilirsi, non è che fa poi tanto per farsi amare dal popolo, anzi. Nei nove anni che seguono, lo tiranneggia talmente con violenze d’ogni genere, omicidi, stupri ed esosità oltre ogni umana licenza, tanto da fomentare nei tesini un odio implacabile.


Sono secoli, quelli, in cui i ditattori non hanno praticamente nulla da temere.
Quando uno come il Biagio arriva a prendersi la poltrona, è dura poi detronizzarlo: un po’ come i politici del ventunesimo secolo. A meno che, il despota in questione non si rivela essere imbranato come il Biagio; perlomeno in termini di intelligenza tattica e, appunto, politica.
Quando nel 1364, la Casa d’Austria muove guerra a Francesco di Carrara, infatti, invece di rimanere fedele a quest’ultimo, il Biagio decide di passare dalla parte degli austriaci, che giudica molto più forti. Ora, tralasciando le considerazioni morali riguardo al saltare sul carro del vincitore, il fatto è che il Biagio sbaglia previsione, in quanto i carraresi, inizialmente costretti a ritirarsi verso Bassano, si rinforzano di nuovi alleati e alla fine prevalgono sugli austriaci, lasciando il signore delle Castellare carico di meraviglia e di sorpresa. Tutto regolare. Ad uno così, solo i numeri da giocare al Lotto gli puoi chiedere.

Castel Ivano
Da questo punto in poi, la storia si mescola con la leggenda. Da ciò che per secoli si è tramandato di bocca in bocca in ogni famiglia tesina, sappiamo che le popolazioni di Pieve e dintorni assediano in massa il castello di Grigno, dove Biagio si è asserragliato. Armati di bastoni e di coltelli, i tesini sono decisi a fargliela pagare, a vendicare quei nove anni di terrore. 
“Le Castellare” vengono rapidamente espugnate, incendiate e definitivamente distrutte, ma di Biagio non c’è traccia. I pastori vengono sguinzagliati nei boschi e perlustrano tutta la zona di Grigno, Ospedaletto e Fracèna. Alla fine si scopre che quel maledetto è riuscito a rifugiarsi, assieme ai suoi scagnozzi, dal compare Antonio, nel vicino Castello di Ivano, validamente difeso da un grosso numero di armigeri.

I tesini attendono le truppe carraresi e riescono ad espugnare Castel Ivano dopo giorni di sanguinosi combattimenti. Biagio e Antonio, assieme ai rispettivi familiari, vengono presi in consegna da Francesco da Carrara che li fa rinchiudere nelle segrete del castello.
Hanno voglia i valligiani a domandare a gran voce la consegna del Biagio. La sete di giustizia è divenuta ormai implacabile in ogni singolo abitante del Tesino. Tuttavia, Francesco preferisce usare il Biagio come ostaggio nelle trattative con gli austriaci.
Ai tesini viene soltanto concesso di sfogare la loro vendetta sugli scagnozzi del Biagio, immediatamente impiccati sugli spalti del castello. Una vendetta che lascia l’amaro in bocca al popolo, perché il vero colpevole è riuscito a farla franca.
Non potendo rassegnarsi a quest’onta, gli abitanti di Cinte, Pieve, Castello e Grigno decidono di perpetuare la vendetta celebrando ogni anno un processo al tiranno, condannandolo a morte in contumacia. Magra consolazione, quella di impiccare un fantoccio di pezza, ma necessaria a tutto un Altipiano, che, ancora oggi, seicento anni dopo, paga così pegno per rinnovare, seppure in maniera folcloristica, l’integrità del proprio onore ritrovato.


Valle del Tesino


L'orgoglio del Tesino


Il Biagio viene celebrato tutti gli anni a livello locale, ma secondo tradizione, periodicamente si organizza un’edizione più spettacolare. Infatti dal venerdì grasso (cattura del Biagio a Castel Ivano) al mercoledì delle ceneri (processi) si terranno gli eventi più significativi di tale festa che coinvolgerà non solo i paesi del Tesino ma anche alcuni altri Comuni della Valsugana (Grigno, Ospedaletto, Villa Agnedo, Scurelle, Ivano Fracena, Strigno, Bieno). 
Ancora oggi, a sei secoli di distanza, il Tesino rivive periodicamente i fatti del 1365, il tutto perpetrando una tradizione molto sentita dagli abitanti della zona. Tra il 1928 e il 1947, il “Processo” venne proibito dalla Questura di Trento. Ciononostante, il fantoccio continuò ad essere frettolosamente impiccato in maniera clandestina, sia sotto il fascismo che sotto l’occupazione nazista. 
La manifestazione si apre a Pieve, dove si tiene il primo processo. Il presidente del Tribunale interroga i testimoni e annuncia la sentenza di morte. Ma ci si accorge che, a fronte dei due testimoni dell’accusa (Jijo Mescola, derubato dalle galline, e Toni Renga, derubato della moglie) manca un indispensabile testimone della difesa. Il processo allora si sposta a Castello, nella piazza di fronte alla chiesa di S. Giorgio, ove parla pure un temerario testimone a favore del tiranno (Nane Narò, beneficiato dal conte). 
Purtroppo, emessa la definitiva condanna a morte, aiutato dalla confusione, il Biagio riesce a far perdere le proprie tracce, si infila in una casa e scambia le sue vesti con un fantoccio di paglia. 
E’ dall’edizione del 1947 che il processo al Biagio viene organizzato in maniera strutturata e spettacolare, con tanto di attori e costumi. Prima di allora, tutte le fasi del processo erano tramandate oralmente; addirittura, le singole parti interpretate venivano tramandate di padre in figlio, di famiglia in famiglia. Ognuno era geloso della propria parte e la interpretava con serietà e zelo. Basti qui citare un certo Nàne Canovèta che per anni impersonò il frate che doveva assistere Biagio prima dell’esecuzione che alla vigilia del processo di faceva addirittura tonsare il capo come un vero frate e poi, davanti al Biagio che rifiutava di pentirsi dava in escandescenze, urlando: “E alora va a l’inferno, porco de un Biargio… E che ‘l diaolo el te rostissa par davanti e par de drio”( trad: E allora va all'inferno, porco di un Biagio... E che il diavolo ti arrostisca davanti e dietro). Nei secoli dei secoli, amen 






2 commenti:

  1. Bellissimo il racconto del Biagio. Complimenti! Vorrei chiedere l'autorizzazione a utilizzarlo per la pubblicazione di una guida ciclistica della zona. come posso fare? che sto scrivendo. A chi devo richiedere iSeell

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  2. Bellissimo il racconto del Biagio. Complimenti! Vorrei chiedere l'autorizzazione a utilizzarlo per la pubblicazione di una guida ciclo-turistica della zona. Come posso fare? A chi mi devo rivolgere per l'autorizzazione?

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